Primo anno produzione: 1859
Proprietà: famiglia Gaja
Conduzione: Convenzionale
Ettari: 92,00
Indirizzo: L'azienda è situata nel centro del comune di Barbaresco
 
 
Con Angelo Gaja a fine anni Settanta al comando dell’azienda di famiglia, per la prima volta i rossi più nobili di Langa provavano a definire se stessi in maniera radicalmente nuova, separandosi risolutamente dal passato e scrivendo un ulteriore capitolo di successo. Barolo e Barbaresco, storicamente i vini rappresentativi italiani, quelli da consumare solo nelle grandi ricorrenze, stavano vivendo stagioni difficili in tempi di boom economico, in una società che cominciava ad abbracciare il benessere e mutava la propria pelle anche in termini di gusto. Non era casuale che nei mercati esteri i top wines piemontesi avessero pagato sempre dazio a quelli francesi – va sottolineato, questi ultimi di lunghissima storia – ed ora anche a quelli del Nuovo Mondo, che introiettata la lezione dell’enologia d’Oltralpe cercavano di estremizzarne le caratteristiche. Austeri e difficili dunque i rossi di Langa finché non accadde che il giovane Angelo entrasse a gamba tesa nelle scelte produttive dell'azienda di casa, rifondandone il credo agronomico-enologico. Potature estreme in vigna, attenzione ossessiva alle lavorazioni in cantina e a contribuire in maniera decisa a questa svolta gli venne in aiuto anche l’uso della barrique, che consentì di uscire a grande velocità dal gap stilistico tra noi e il resto del mondo del vino che contava. Si era delineata così la base estetica della new wave langarola, la più geniale, quella che accanto al sontuoso Nebbiolo aveva affiancato vigne di Chardonnay e Cabernet, per creare etichette audacemente moderne che potessero accendere i riflettori internazionali su un piccolo paesino del Piemonte, sconosciuto ai più. Era ancora il nobile vino di Langa? Certo che sì, raffinato nel più pieno senso del termine, proprio perché esplorando nuove strade espressive definiva la sua nuova natura di unicum. Oggi Barbaresco e Barolo sono decisamente sulla cresta dell’onda e per molti versi il merito va attribuito ad Angelo Gaja, l’uomo che ha riscoperto, valorizzato e reinventato la tradizione del vino italiano.
Primo anno produzione: 1859
Proprietà: famiglia Gaja
Conduzione: Convenzionale
Ettari: 92,00
Indirizzo: L'azienda è situata nel centro del comune di Barbaresco
 
 
Con Angelo Gaja a fine anni Settanta al comando dell’azienda di famiglia, per la prima volta i rossi più nobili di Langa provavano a definire se stessi in maniera radicalmente nuova, separandosi risolutamente dal passato e scrivendo un ulteriore capitolo di successo. Barolo e Barbaresco, storicamente i vini rappresentativi italiani, quelli da consumare solo nelle grandi ricorrenze, stavano vivendo stagioni difficili in tempi di boom economico, in una società che cominciava ad abbracciare il benessere e mutava la propria pelle anche in termini di gusto. Non era casuale che nei mercati esteri i top wines piemontesi avessero pagato sempre dazio a quelli francesi – va sottolineato, questi ultimi di lunghissima storia – ed ora anche a quelli del Nuovo Mondo, che introiettata la lezione dell’enologia d’Oltralpe cercavano di estremizzarne le caratteristiche. Austeri e difficili dunque i rossi di Langa finché non accadde che il giovane Angelo entrasse a gamba tesa nelle scelte produttive dell'azienda di casa, rifondandone il credo agronomico-enologico. Potature estreme in vigna, attenzione ossessiva alle lavorazioni in cantina e a contribuire in maniera decisa a questa svolta gli venne in aiuto anche l’uso della barrique, che consentì di uscire a grande velocità dal gap stilistico tra noi e il resto del mondo del vino che contava. Si era delineata così la base estetica della new wave langarola, la più geniale, quella che accanto al sontuoso Nebbiolo aveva affiancato vigne di Chardonnay e Cabernet, per creare etichette audacemente moderne che potessero accendere i riflettori internazionali su un piccolo paesino del Piemonte, sconosciuto ai più. Era ancora il nobile vino di Langa? Certo che sì, raffinato nel più pieno senso del termine, proprio perché esplorando nuove strade espressive definiva la sua nuova natura di unicum. Oggi Barbaresco e Barolo sono decisamente sulla cresta dell’onda e per molti versi il merito va attribuito ad Angelo Gaja, l’uomo che ha riscoperto, valorizzato e reinventato la tradizione del vino italiano.